sabato 28 maggio 2011

LIMONI DI PRIMAVERA (e di Procida)

Sono stata a Procida 20 giorni fa, sono caduta e rotta una costoletta, ormai va meglio, tra 10 giorni potrò dormire distesa come sempre e non con 4 cuscini... ma ne valeva la pena (di cadere), che mi sono "ingamberata" girandomi a salutare il ristoratore dove avevo mangiato così bene. Descantabaucchi chiamiamo noi lassù quelle piccole pietre sconnesse, quei gradinetti infidi che non vedi e ci inciampi. Descantaubauccai, più che discantarmi, e, essendo un po' baucca, caddi.
ma...


Ecco, vi do una ricetta che non potete fare, dovete andare  a Procida (e in aprile, giugno, non oltre), o farvi portare da là i fantastici limoni di Procida. Da fuori sembran quelli di Amalfi, quelle cose lì, simili un po' a dei piccoli cedri, grossi limoni. Aperti hanno una buccia spessissima, 3 cm almeno...
Ora vi faccio vedere la foto di quello che si mangia lì, ma non è la versione sublime di Gorgonia, ma quella, molto buona ma più "forte" mangiata al porto, davanti all'imbarco del traghetto.
INSALATA DI LIMONI

INGREDIENTI

• Limoni di Procida, del periodo primaverile (quelli estivi son più forti e amari)
• Aglio fresco (solo a primavera...)
• Menta fresca
• Peperoncino secco ma non troppo forte
in più
• Cipollotto fresco
• Acqua
• Olio

PROCEDIMENTO
• Tagliate a pezzi grossi i limoni compresa la buccia (ma la versione raffinata fa eliminare la parte gialla, con gli oli aromatici, magari grattugiarne un po' per il profumo, aggiungo io).
• Schiacciate un po', in modo da far uscire il "forte".
• Un'ora prima di mangiare conditeli con peperoncino sbriciolato, aglio fresco a pezzetti, menta fresca e cipollotto dolce tagliato fine fine. Poco olio, poca acqua e succo di limone.
• mescolare e far riposare al fresco.
• servire come antipasto o dopo un piatto di pesce, a concludere.
• sognare per molti giorni di rimangiarne ancora.

Questa versione è così delicata che mi tenta fare la prova sostituendo al limone il melone bianco e succo e buccia grattugiata di limone. Vi racconterò...

Procida è l'isola d'Arturo, dunque non può essere che quello il libro di questo post :)
Quando lo lessi verso i 18 anni, non lo amai molto. Il romanzo di Elsa Morante non mi trascinò, sebbene io ami molto il mare e le isole (e nulla cambiò nella vita di Procida dopo la pubblicazione, mentre tutto cambiò con il film Il postino, che portò elettricità, servizi, ospedale...)
Romanzo e isola li ho citati nel mio libro Amori lontani, edito da Kappa edizioni, dove parlo anche di Giappone, che c'entra? c'entra che ho incontrato due giapponesi (che parlavano benissimo l'italiano) proprio sulla balaustrata sul mare dove sedeva la Morante a scrivere. Eccoli:

E altra coincidenza, il ragazzo si occupa di esportazione di cibo italiano in Giappone.
Fine dell'episodio. :)
Ma per farvi vedere Procida la bella in un modo un po' inusuale (e ricordando i difficli amori di Arturo) leggete sui suoi muri antichi quante nuove dichiarazioni d'amore...







 


amore anche sulle isole... ma io mi sono innamorata dei limoni!


sabato 21 maggio 2011

LE CIAMBELLE SE RIESCONO COL BUCO...

non sempre le ciambelle escono col buco... qui un racconto bellino di cosa possa succedere quando va tutto storto. E insegna che spesso in cucina non si può programmare (e che gli amici son bidonari).
Ma io parlerò di ciambelle col buco.
Queste sarebbero romane, ebraiche e pasquali, ma insomma a me pare che poi siano diventate romane tutto l'anno. Le ho imparate su un libro di cucina ebraica che tratta tutte le cucine ebraiche, l'azkenazita, sefardita e italiana. Ottimo.
Queste ciambelle (col buco) sono facili da fare ovunque, non servono attrezzi strani o bilance, solo una conca, un bicchiere (o una tazza) e la teglia o piastra da forno.
Il problema è che poi me le mangio tutte, perciò cerco sempre di regalarne un po'... in queste occasioni mi ricordo una ragazza di una fiaba, pigra e golosa, la madre disperata perché la figlia si è mangiata tutte le focacce che doveva vendere al mercato canta "la mia figliola sette focacce, tutte in un giorno se le mangiò..." passa un principe e le chiede che cosa canti, lei – vergognandosi – dice che cantava: "la mia figliola sette matasse, tutte in un giorno se le filò..." Il principe che cercava una moglie laboriosa la prende in sposa... il resto non ve lo racconto, ma la ragazza non sa filare e dunque arrivano 3 fate ad aiutarla (questa vecchia illustrazione le assomiglia un po').

È una fiaba molto divertente anche nel finale ehehhe
ma torniamo alle ciambelle, io ormai le ho mangiate eccome, ma eccovi come farle e badate, sono burro e senza uova, solo olio:

CIAMBELLE AL VINO (e olio)

1bicchiere d'olio
1 bicchiere di vino
1 bicchiere di zucchero
1/2 bicchiere di liquore all'anice (io abbondo)
Farina q.b. (con un bicchiere secondo me ne va quasi mezzo chilo, comunque cercate di non restare senza)


Chiaramente il quantitativo lo potete cambiare come vi pare, in realtà tutto ha la stessa proporzione, tranne l'anice.

PROCEDIMENTO

in una grande ciotola io sciolgo lo zucchero nel vino e poi unisco l'olio, e mescolo ben bene...

poi unisco la farina mano a mano, mescolando finché l'impasto non diventa sodo e difficile da mescolare...
 
allora lo rovescio sulla tavola infarinata (o continuo a impastarlo a mano dentro la grossa ciotola), cerco però che resti molto morbido, il più morbido possibile.

poi ne prendo pezzetti che allungo tra le dita con movimento rotatorio e poi acciambello.

in un piatto ho messo un po' di zucchero (semolato), ci schiaccio la parte che starà in alto della ciambellina poi la appoggio sulla piastra unta.

e così via, così via, così via...

Inforno a forno caldo e medio per... un tot (15 minuti?) dipende dal vostro forno, attenti a non bruciare sotto e a tirarle fuori ancora bianche e leggermente morbide, con appena una sfumatura di biscotto.

Appena posso le tolgo dalla piastra, le poggio a raffreddare su un tagliere di legno o un piatto, e appena posso non scottarmi le mangio!

Vanno fredde ovviamente, ma anche tiepidine... mmmm
se non le mangiate, ben chius enella latta o in un sacchetto, durano un bel po'.

Attenzione a mettere poca farina (ma non così poca da non riuscire a far le ciambelle), e attenzione alla cottura, se volete potete aggiungere qualche semino d'anice, se invece diate l'anice, o stolti, mettete un goccio in più di vino. Sono ottime nel caffè o anche con il vino, o senza nulla.


Questi biscotti sono perfetti da chiacchiere in compagnia, quelle sere che proseguono tra bicchieri (sigarette), parole e e amicizia, ma anche da soli, quando si legge un libro, e qualche briciola forse cadrà tra le pagine, ma è il prezzo da pagare alla perfezione. Ecco, scegliete il libro dalla libreria e provate...

Prossimamente prometto ricette di casa mia, giuro, ma prima dovrò parlarvi di una scoperta meravigliosa fatta a Procida, mi è costata una costola incrinata, ma ne valeva la pena!

venerdì 13 maggio 2011

RICORDANDO

Sono assente da un po', fiere, incrinature alle ossa, convegni, lunedì poi è morto, improvvisamente e senza motivo, un carissimo amico e un grande sceneggiatore. Carlos Trillo. 

Poiché qui parlo di books, non posso dimenticare i suoi libri, da Loco Chavez a Cybersix, da Bruno Bianco a Clara de Noche, da Borderline a Chicanos, da Iguana a Alvar Mayor e più di recenete il bellismo libro Le eredità del colonnello... ha lavorato con tanti grandi, i due Breccia, Mandrafina, Risso, Meglia... ha scoperto tanti autori, Bobillo, Varela. Ho avuto l'avventura di disegnare anch'io una sua storia che lasciammo inconclusa.
Spesso si capita accanto alle grandi cose della vita con un po' di fatalismo, se non di indifferenza. 
Carlos era amico prezioso anche per chi lo conosceva poco, perché l'eleganza ironica, semplice e diretta delle sue storie, l'allegria acuta e discreta, l'acume e il tatto, la leggerezza danzante e la bontà intelligente, facevano parte del suo comunicare con gli altri, del suo guardare il mondo.
Sceneggiatore rispettoso delle idee e dei desideri del disegnatore... anche quando incerto, com'ero io.


Come autore non si spaventava davanti al sesso, alla sessualità della vita, alle cose più crudeli, alle efferatezze cruente. Figlio di un'Argentina sofferta, aveva imparato a sopravvivere a dolori e a orrori, ma non lo ha fatto con distacco. L'uso dell'ironia, del sarcasmo, dell'eccesso fino alla caricatura, non gli ha impedito di costruire personaggi attenti alla realtà più vera, dolenti, commoventi anche quando dittatori, vittime anche quando sadici, peccatori anche quando innocenti, forti anche quando perdenti.  le sue storie dall'aspetto leggero dell'avventura portano sempre un segno di strati e profondità diversi.

Nel capodanno 2000 andai, con Francesco Coniglio, a trovarlo in Argentina, lui, sua moglie. la scrittrice Ema Wolf, i figli, i gatti, le vecchie mamme, gli amici.
Mi pare proprio la mattina del primo dell'anno mangiammo un piatto di cui mi feci dare la ricetta, ma che non trovo più. Però ricordo e ora spiego, aiutandomi con ricette di utenti argentini del web:
il Pionono!
serve prima un po' di storia:

La storia del pionono inizia nell'anno 1897, quando Ceferino Ysla González, si stabilì nella Calle Real de Santa Fe, per aprire un laboratorio di dolci.

Il pionono, che in tutta la Spagna diffuse il nome di Santa Fe, è un biscuit imbevuto, con crema e altro, assomigliante al capellino del Papa, non dimentichiamo che Pio IX fu papa per 31 anni, praticamente per il momento più caldo dell'800.
A dire il vero il pionono mangiato da Ema e Carlos (e così fatto in tutta Baires), non ha forma di capellino, è un biscuit arrotolato, abbastanza classico nella cucina europea, se non per le varianti di ripieno.
Ecco la ricetta della base (il biscuit)
INGREDIENTI
• 6 uova
• 90 gr. di zuccchero
• 60 gr. di farina

METODO
• sbattere le uova e lo zucchero finché non diventino chiare e montate.
• aggiungere la farina
• disporre un foglio di carta da forno sulla placca
• stendervi uno strato di pasta alta nON + di 2 cm. (meglio meno, anche 1)
• mettere 8/10 minuti in forno caldo, finché non diventa dorata.
• una volta fuori dal forno mettete foglio e pasta su un panno umido, (qualcuno lo arrotola prima, perché questo può aiutare a non rompere la pasta dopo).
• lasciar raffreddare.

RIPIENO
Ne troverete mille diversi, soprattutto dolci, con panna montata ecc ecc
ma il pionono di Ema era salato! il che contrastava con al dolcezza della pasta.
Sulla foglia fredda o appena tiepida stendere (a memoria) maionese, chicchi di mais, tronchetti di palmitos, se ricordo anche peperoni gialli a filetti... un poco pochissimo di prosciutto. Ben suddiviso e stratificato il ripieno, arrotolare ora, aiutandosi con carta e panno, per il lato più corto, formando un rotolo, un tronchetto, dai papali colori giallo e bianco. Tenere ben compresso per qualche ora, in frigo, magari avvolto nella pellicola alimentare.
Tagliare a fette e mangiare al calore estivo e torrido del ferragosto di Buenos Aires, città dove la luna crescente assomiglia alla nostra calante e viceversa e dove l'acqua che scende nello scarico del lavandino gira al contrario di come gira qua. 

A Carlos un saluto, con una foto fatta qui, in piazza Regina Margherita, 9 anni fa. Leggete i suoi fumetti, le sue storie, e capirete il dolce e salato sapore di Buenos Aires.