lunedì 28 febbraio 2011

CHEESE CAKE quasi svizzero

Avere due nazionalità sembra essere una gran bella cosa. In fondo poi tutti abbiamo anime doppie, doppi caratteri, antenati e sangue diversi. "Mia nonna era zingara" diceva un'amica mia, un'altra italiana ha antenati ungheresi e lo si vede dal suo biondo paglierino, da parte mia una nonna albanese (purissima, della colonia di Zara), la mamma dalmata (stra-italiana, ma con quella scia di mitteleuropa austriaca e bevendo caffè turco) e il papà veneziano (tra Padova e laguna), insomma quasi nessuno di noi è puro, per fortuna... così si evita l'endogamia, che mi fa venire in mente la vignetta di Makkox qua


Tornando all'amica della mia giovinezza
(più o meno questa giovinezza qua) >


Cosima, che era metà veneta e metà svizzera, be' credo che non fosse semplice vivere tra quelle due identità e quelle due o tre lingue (che la svizzera la vita se la complica con 3 lingue diverse).
Alternava, Cosima, gran praticità, sapeva arrampicarsi bene sugli alberi, andare in bicicletta, nuotare, zappare, tradurre dall'inglese, dal tedesco, dal francese, poi persino dal russo, alternava dicevo, tutto questo a uno spaesamento. Che parola più adatta per chi non ha una patria?
Heimat.
Lei nel film  di Edgard Reitz (parte seconda) ci sarebbe stata bene, anzi, c'era una parte in cui mi sembrava di vedere lei proprio, o una sua parente :) La prima parte era bella, la seconda stupenda, la terza letale a parer mio...
Ma continuo a divagare.


Me lo servirono più di una volta nella casa con terrazza sul Canal Grande.
Questo cheese cake è un ottimo dolce/piatto unico. Potete usarlo come dessert per una cena fredda leggera, con insalata e amenità, o da portare in gita o a una festa.
Non occorre il forno (che a volte è comodo)
Anche da mangiare mentre vi guardate un film alla televisione, con le mani.
Ve lo riporto come l'ho ritrovato nel foglietto scrittomi dalla mia amica. È molto tempo che non lo preparo e rileggere la sua calligrafia rotonda mi riporta indietro. 
Ricordo molte cose  e non tutte sanno di formaggio.
Ma insomma, per essere la ricetta che mi ha dato una ragazza che era un po' svizzera e un po' italiana, è molto inglese o americana, il che è buffo e fa pensare.




CHEESE CAKE


250 gr. di Philadelphia
250 gr. di biscotti digestive
1/4 di l. di panna da cucina
120 gr. di zucchero
120 gr. di burro
succo di 2 o 3 limoni
15 gr. di gelatina (in fogli)


• Sciogliere la con acqua (3/4 di tazza) e aggiungere il succo di limone.
• lavorare a crema formaggio e zucchero.
• aggiungere la gelatina raffreddata e la panna montata
• sbriciolare i biscotti e aggiungere il burro, impastando
• Con il composto ottenuto foderare il fondo di una teglia
• Versare sopra il formaggio 
• mettere in frigo




Questa base con i biscotti, mi spiegò una ragazzetta americana che seguì il corso di fumetto a Cremona, è la base anche per la torta di zucca... roba da pionieri non avere il forno nemmeno per cuocere una torta! E da qui si potrebbero aprire molti discorsi sul seno della vita...

sabato 26 febbraio 2011

RICOTTINA D'ANTAN


È sabato, ogni tanto esce il sole, ma fa freddo.
Il mondo qui è sospeso mentre altrove guerre, rivoluzioni, inchieste, terremoti.
Ma qui spolvero il mio ripiano di cosine.
Pupazzi e statuette, ognuna con una storia.
Uno dei primi è il cuochino. Costò poco perché rotto, mercatino in corso Garibaldi a Milano, dove trovai i primi Corrierini anni 60, costavano un cazzo e ne comprai pochi, fessa!
Il cuochino sta facendo la cioccolata (vedi post precedente), lo si intuisce dall'attrezzo di legno che finisce a stella e che serve a montarla. 
Ma io lo metto oggi, che bianco e lindo com’è (dopo che gli ho tolto la polvere) si intona alla semi-ricetta di questa mattina.




Sabato uno fa la spesa (poca) e poi apre il frigo.
Il latte è scaduto.

Normale. Io non bevo latte. Mi ha schifato gradualmente dall’età di 9 anni. Però ogni tanto lo bevo, magari vero, in montagna. Quando ero piccola il latte, lasciato aperto in frigo, dopo un giorno faceva la "panna", non la pelle schifosa a cui siamo abituati, ma uno stratino leggero di crema, che solo per me era conservata per aggiungerla sul pane (e latte) della prima colazione.
Ora no.
Questo l’ho preso per cucinare e ora ecco lì, più di mezzo litro inacidito.
Non si butta, però. La mia prozia Maria che morì a 104 anni ed era nata nel 1880 e qualcosa, mi aveva insegnato a farne la ricottina, che poi la fanno anche gli indiani e gli alternativi (non vegani), ma insomma anche nel veneto del primo 900 si faceva e ora è ancora valida.
Per saperne di più sulla mia zia potete leggere un fumetto verticale qua (parla anche di cibo, ora che lo riguardo) su Coreingrapho, progetto che in un anno di vita raccolse molte storie. A leggervele tutte ne avete...! Dunque per oggi nessun libro sul tavolo.

Torniamo alla...
ricottina della zia Maria.

VIRTU’
Non si butta il latte, facilissima, rapidissima ebuonina.

TEMPO
Pochi minuti

DIFFICOLTA’
Anche un bambino

OCCORRENTE
• Latte (scaduto, anche da una settimana, ma non putrescente, oppure fresco)
• Limone q.b. (poche gocce o mezzo limone, dipende da voi, dal latte e dal quantitativo)
OPPURE
aceto
• Un pizzico di sale

Un pentolino
Un colino a trama fine


AZIONE!
• Si versa il latte nel pentolino e lo si pone sul fuoco.
• Si aggiunge un pizzico di sale e vi si spreme il limone (mezzo o anche assai meno, poche gocce), se è l’aceto pochissime gocce bastano.
• Si mescola e si porta a bollore.
• Si lascia bollire mescolando ogni tanto. Si guarda quanto il latte si rapprenda e si separi dal siero, semmai si aggiunge poco limone, ma insomma per mezzo litro metà di mezzo limone. Bollire per qualche minuto finché è ben separato e il siero è piuttosto trasparente. Allora spegnere.
• Rovesciare in un colino. Col mestolo compattare un po’ la ricottina.
• Lasciar colare qualche minuto (10? Anche meno, dipende dal colino).
• riporre in frigo se si deve mangiare parecchio più tardi, o mangiarla tiepida subito o poco dopo (che è migliore assai).


Volendo aggiungere poca buccia di limone, per un aroma più spiccato.
ATTENZIONE: L’aceto, per chi lo usasse, è più forte e si adatta a una ricotta da lasciar riposare, da non mangiare tiepida, e va dosato con cautela.

Tutto qui.
Presto vi darò ricette più complesse. Ma la rapidità è frequente per chi lavora 12 ore e passa...

mercoledì 23 febbraio 2011

FAGIOLI IN SAOR

Questa sera, che mi son dovuta accontentare di un panino con mozzarella zucchine, per stare qua al lavoro, vi proporrò un cibo povero, rubato alla tradizione e a un ristorante chic (e ricco).

Come avete capito l'ingrediente principale sono i fagioli.
S'avvicina il tempo di primavera che i fagioli si comprano freschi da sgranare, ma questa ricetta è l'unica, L'UNICA (o quasi) dove concedo l'uso del fagiolo in scatola, sennò ci voglion quelli secchi, si sa, o surgelati.

Il fagiolo in scatola sa da campeggio un po' western, sa di scavare nella dispensa disperati, e conserva sempre un poco di quel sapore un po' colloso (al contrario dei ceci). I fagioli in scatola vanno ben sciacquati e MAI cotti.  Perciò in questa ricetta potrete usarli, scegliendo ottima qualità e borlotti o, meglio, lamòn.

Prima di raccontarvela voglio ricordare un mio pasto con scatola di fagioli.
Correva un lontano anno... il 2002? Insomma a Milano, alla fiera del fumetto, la Cartoomics allora gestita da Gianni Bono, vincemmo il premio opera meritoria dell'anno, a pari merito, il-coniglio con la rivista «Scuola di Fumetto» e Mario Gomboli con qualcosa su Diabolik ... a parte la scena penosa di noi due affiancati (penosa per me che arrivo all'anca del gigantesco Gomboli), la premiazione, a cui avevo trascinato vari amici, impedendo loro di cenare, per poi andare a cena assieme a "festeggiare", la premiazione, dicevo, divenne una cosa lunghissima, infinita... insomma finì a mezzanotte.
Che se siete pugliesi, siculi o da quelle parti, si comincia la festa, ma a Milano a marzo, con signori che hanno lasciato la macchina in Fiera, mentre ora siamo in Duomo... e la metro chiude a mezzanotte... uscimmo tutti assieme, rapidi, ma per salutarci sul sagrato del Duomo (quello che fu lanciato nella sua versione mignon, quello del la bella madunina)...
In pochi secondi mi ritrovai sola con la bella statuetta-premio di Coccobilly (Grieco collection) in pugno. Il resto dei conoscenti era rimasto dentro (seppi poi che cercarono cibo per il povero Brindisi, anche lui premiato a tarda ora).

Al volo presi solitaria il tram n.3 che mi portò a casa.
Davanti alla finestra che mostrava via Farini e l'insegna spenta del GS, cenai con Coccobilly, aprendo una scatoletta di tonno e una di fagioli (per un simil compagno di cena ci voleva anche la camomilla, ma non ebbi cuore).
Da allora non ho più mangiato fagioli in scatola, se non in questa ricetta (ma preferendo usare i freschi o secchi).

Cominciamo?
No.
Ancora due parole sulla ricetta in questione.

Il saor è un modo (similabile alla scapece), con cui i pescatori conservavano il pesce per portarselo in barca, ma anche le famiglie, soprattutto in tempi senza frigorifero.
Consiste nel conservare con aceto il pesce fritto, con accompagnamento di cipolla ecc ecc.
Il resto lo scoprirete.
Il saor deriva dal Medio Oriente, soprattutto per l'aggiunta di uvetta e pinoli, dell'accostamento dolce e salato... di questi tempi ci sentiamo vicini al Mediterraneo e al Medio Oriente.
Cibo povero e familiare o da osteria, a Venezia, questa sua variante l'ho mangiata da Harry's Dolci, il fratello giovane di Harry's bar.
Ecco due immagini prse da Harry's, un vecchio artista-uomo di cultura che legge il giornale, e il mio ricordo di Pratt incrociato lì un giorno (dopo che avevo disegnato le due tavole per Dedicated to Corto Maltese).

Torniamo ad Harry's dolci dove si mangia meno bene ma si ha una vista bellisisma, dalla Giudecca... lì imparai questa ricetta, ma aggiunsi tutti gli ingredienti del saor, che lì si erano risparmiati... se si osa si osa!

FASIOI IN SAOR

FACILITA'
facilissima, dovete mettervi d'impegno per sbagliarla!

TEMPO
se usate i fagioli in scatola o già cotti 10 minuti, ma poi deve riposare un po', almeno 1 oretta...

VANTAGGIO
Si fa veloce e facile, è pochissimo nota, va bene per i vegetariani e dura anche un paio di giorni dopo... 

OCCORRENTE
(x3)
• 1 scatola di fagioli (borlotti o Lamòn)
• 1 cipolla grande bianca (ma quella di Tropea può essere una variante gustosa) e di + se l'amate
• 1 cucchiaio di pinoli
• 1 cucchiaio di uvetta sultanina (pinoli e uvetta sono facoltativi, extra-Harry's)
• olio d'oliva per cucinare la cipolla
• un pizzico di pepe
• aceto BUONO, sennò meglio andare su mele, o fare un ritocco col balsamico (lo so, è abusato, ma con uvetta e pinoli lega)

un padellino, una grossa ciotola e un cucchiaio


ALL'OPERA!

• Mettete l'uvetta a bagno in acqua calda.
• Intanto tagliate la cipolla a fette sottili.
• Riscaldate un po' d'olio nel padellino, e buttatevi la cipolla. Amando poco il soffritto, metto poco olio e aggiungo sempre anche un po' d'acqua, dunque la cottura è meno forte e meno pesa.
• Intanto aprite la scatola di fagioli, sciacquateli e scolateli bene e versateli nella ciotola  (o usate fagioli che avete cotto).
• Aggiungete i pinoli.
• Strizzate bene l'uvetta e unitela alla cipolla quando questa sarà ormai cotta e trasparente. Rimestate sul fuoco 1 minuto.
• Spruzzate un po' d'aceto nel padellino (1 cucchiaio o poco più) e lasciate evaporare, spegnete subito.
• Aggiungete ai fagioli anche le cipolle ancora calde.
• Mescolate bene, regolate di aceto e se volte spruzzate un poco di pepe.
• Lasciate riposare e servite freddo (o anche appena tiepido).




È un antipasto o cibo adatto a un buffet, o come vi piace mangiarlo... di solito ha successo (anche il Mughini se lo gustò, qualche anno fa), chissà se piacerebbe a Claudio Villa, grande disegnatore di Tex ... immagino di sì. E se avete letto l'ultimo Tex, leggetevi il libro intervista a Claudio Villa, appunto (un po' di pubblicità Coniglio editore la faccio, dai, per una volta!).

domenica 20 febbraio 2011

CACAO A COLAZIONE

Lo so, io ho il tlog caffè a colazione , che è quello da farsi (per me) tutte le mattine...
ma ogni tanto è domenica.
E ogni tanto si può bere cioccolato.
Non la pietosa densa e dolciastra cioccolata dei bar, che pare un budino fallito, né quelle cose con cacao solubile già zuccherato, magari...
ecco, ma ci vuole poco uguale, solo qualità.

La cioccolata da calda per me era, bambina a Venezia, due varianti, quella da Zorzi, latteria tenuta da due vecchietti dai capelli bianchi, che la facevano buonissima e con (a parte o sopra) la panna MONTATA A MANO, ragazzi, dopo non si può mangiare l'altra, è finita. Inoltre ottimi "storti" cioè cialde da accompagnarsi alla panna.
Poi morirono pensionarono chiusero. Cambiò gestioni, restano solo le bellissime piastrelle in un luogo anonimo in calle dei Fuseri.

L'altra era a casa, alla vigilia di Natale o a Natale e a Pasqua (con la focaccia dolce pasquale appena sfornata vedi fig.), come colazione, e in pochissime altre occasioni invernali.
Occorrente Cacao, zucchero latte.
La mamma ci raccontava che di vigilia, per mantenere il mangiar di magro, con i bussolai (ciambelle dolci lievitate all'olio) la cioccolata la si faceva col latte. Vari anni dopo, io e mia sorella ci provammo e ci venne una cosa assai poco saporosa, la abbandonammo con disprezzo.
Basta.
Di recente, dopo aver aggiunto un po' di cacao al caffè turco (portato da Istambul, ne riparleremo che è tradizione di famiglia pure quello), ho riprovato il cioccolato fatto con l'acqua. Miracolo!

Ecco come fare

INGREDIENTI:
cacao amaro (di stra-ottima qualità, il Venchi vale la pena), tipo 3 cucchiaini Stra-stra-colmi a testa
zucchero (bianco, ma se volete l'integrale che sia vero, non quello biondino che è caramellato e non integrale o grezzo) 3 cucchiani ma rasi e scarsi da far pena ... insomma la metà del cacao
acqua, quella che serve a sciogliere il cacao e lo zucchero da frane broda densissima, non crema, ma nemmeno liquido e lieve (evidentemente chi vuole può usare il latte)

un pentolino
un cucciaino

TEMPO
5 minuti

ALL'OPERA
mettere il cacao nel pentolino
mettere lo zucchero
aggiungere a poco a poco l'acqua, mescolando acché non si creino grumi
mettere sul fuoco, SEMPRE mescolando
al primo bollore, quando si gonfia, allontanare il pentolino dal fuoco, aspettare che cali e poi rimetterlo sul fuoco, mescolando.
al secondo bollore, quando si gonfia, allontanare il pentolino dal fuoco, aspettare che cali e poi rimetterlo sul fuoco, mescolando.
al terzo bollore, quando si gonfia, allontanare il pentolino dal fuoco, e lasciarlo calare. Mescolare. sussurrare una formula magica e versare nella tazza (bianca, ha da essere bianca al suo interno).


La cioccolata così fatta deve essere poca, una specie di caffè molto lungo, un caffè americano coro: è potenza pura!
NESSUN ADDENSANTE
a voi scegliere se aggiungere aromi, cannella o altro, io la preferisco pura. Accompagnarla con biscotti poco dolci o un maritozzo semplice. Certo, la panna montata ci lega, ma forse eccede.
Invece dopo una piccola tazza di questa cioccolata (meno dolce è meglio è) siete pronti per passeggiate, escursioni, avventure e sogni... se siete in compagnia, bene!
Se da soli ecco un fumetto che ci andrebbe bene, se lo traducessero in italiano, dal francese.


È un racconto lungo in forma di libro, si legge il tempo di berla piano. Anche dal titolo si intona alla domenica. L'autore è italiano, friulano, Manuele Fior. Ha appena ricevuto un importantissimo premio ad Angoulème, se non questo leggete qualcos'altro di suo...
La cioccolata così la potete bere ancora per poco, poi inizia il caldo, ma d'estate fatela stare a lungo nel frigo, magari fatta con il latte e più leggera, e sentirete che delizia.

giovedì 17 febbraio 2011

APERITIVO VELOCE "Falso Sushi di Prugne"

Che, imparerete a conoscermi, sono un'adoratrice degli aperitivi (anche sostitutivi della cena).
L'aperitivo è l'ombra di vino (a Venezia) accompagnata da cicchetti che vanno dall'uovo sodo, al fondo di carciofo, al folpeto (polpo piccolo).
Poi vennero gli happy hour e anche prima il trascinarsi parlando, bicchiere dopo bicchiere, chiacchiera dopo chiacchiera, amiche amici corteggianti o semi-distanti.
E torniamo a noi che oggi compivano gli anni 2 miei amici, e l'una mi ha insegnato questa ricetta (cui apporto una variante), l'altro prepara ottimi cicchetti, e gli dedico questo stuzzichino :)


"Falso Sushi di Prugne"

VIRTU':
Veloce, velocissimo e facilissimo, piuttosto sano ed equilbrato
virtù delle prugne, a chi servisse... non la dico


DIFETTO:
Va fatto al momento e mangiato caldo


OCCORRENTE:
• Prugne secche e disossate (di qualità) tipo 3 o 4 a testa... poi decidete voi
• Formaggio (pecorino media stagionatura, o altro tipo), un frammento per ogni prugna
• Speck o pancetta magra, una fettina ogni 3 prugne
• una tazza (grande) di tè nero caldo


una padella antiaderente
stuzzicadenti (quante sono le prugne)


TEMPO:
10' o più se aumentano le prugne + la mezz'ora di bagnetto




AZIONE:
• mettere a bagno le prugne in una tazza di tè caldino (sempre ammorbidire le prugne nel tè invece che nell'acqua, assai migliore!)
• lasciarle a bagno una mezz'ora o +, poi strizzarle un pochetto
• tagliare dei pezzettini di formaggio, misura supposta o anche meno (è inutile che facciate la faccia disgustata), e cacciarli dentro alla prugna
• tagliare listarelle di speck o altro di simile e avvolgerne una attorno alla prugna, un po' a cintura, come certi sushi
• fissare con lo stuzzicadenti
•mettere in padella senza condimento su fuoco medio-vivace,  e far saltellare in padella un paio di minuti, in modo che tutto si scambi sapori, odori e un po' fonda.
•servire calde... tanto volano via


Le trovo deliziose anche come cena solitaria, un bicchiere di vino, e mentre leggi, allunghi la mano verso il piatto tiepido, rischio? mangiare lo stuzzicadenti.


D'altra parte nessuna lettura di libro dà la voracità bulimica dello schermo tv. Perché?
Perché è più intimo, e bello.


Dunque qualche prugna adornata sarà sufficiente ad addolcire la lettura (se non la usate per socializzare, addescare e aprire al dopo...).
Adatto, credo, al volume (di Iperborea... eleganti e così scomodi da leggere se superano le 80 pagine... ma questo ne ha 64... un aperitivo di libro) La mia parola è no di PÄR LAGERKVIST. Non è facile, ma va degustato per capire se dio, un giorno, potremo permettercelo.

martedì 15 febbraio 2011

FRITOLE... PRIMA CHE FINISCA CARNEVALE



Che non posso che cominciare da quelle.
Perché è carnevale e le fritole veneziane si mangiano a carnevale (e alla madonna della salute… vedi disegno allegato e retrodatato. 
Oggi anche lì non si trovano più, perché i banchetti si sono globalizzati e fanno le ben diverse frittelle larghe e piatte).
Perché forse l’ultimo slancio di un pensiero antico m’è venuto proprio a parlare su FB di fritole, portate da Venezia.
E poi le ho fatte l’altra sera…

Le frittelle, dalla parte della Dalmazia (Zara italiana, ecc), le mangiavano anche la vigilia di natale. Sono infatti un dolce di magro, essendo senza burro. Ma nella mia ricetta c’è il latte.

Fritole
Ecco le dosi (che l’altra sera, essendo la pila della bilancia scarica, ho fatto a occhio, ma funziona lo stesso).
400 o poco più di farina (si dice sia per 4 persone, ma abbasta per 6 e +)
60 gr di zucchero (son poco dolci, come piace a me)
2 uova
latte, dicono un po’… a me l’altra sera ne è andato via più di ¼
uvetta… boh a occhio, 70 gr?
pinoli, la bustina era da 40 gr. (non sono obbligatori, ma li adoro)
volendo frammenti infinitesimali di buccia d’arancia non trattata, non l’avevo e ho grattugiato un po’ di buccia di limone (non trattato). Questa è una variante famiglia Scarpa… ma dà un buon tocco…
1 pizzico di sale
LIEVITO DI BIRRA. Fondamentale. Fresco. Il pacchetto da 25 basta
Un cucchiaino d’olio (trucco babbo Scarpa)


Preparazione facilissima, dovete solo capire la consistenza, che è quella cremosità densa che si fatica un poco a girare, se non siete mister muscolo.
Tempi
20’ farle
2 h. lievitazione
15’ cottura (circa e dipende da quante ne fate)

All'opera!
1
mettete l’uvetta a bagno in acqua tiepida.
2
unite farina, e zucchero, poi le due uova e cercate di intridere il tutto, siccome non ci riuscirete aggiungete il latte (non di frigo è meglio).
3
mentre fate questo mettete in una ciotoletta il lievito che sciogliete con POCHISSIMA acqua (o latte) tiepida, poco, giusto da fare cremina, aggiungete una punta di zucchero per non star lì a rompervi nell’attesa, spolverizzate sopra di farina e piazzate vicino al termosifone.

ALT
IMPORTANTE
La camera/cucina/casa in cui preparate le fritole deve essere calda. Dovete sentire caldo, sì.
Sudare.
Altrimenti accendete il forno e lavorate in zona.
NIENTE correnti d’aria.


Proseguiamo.
4
continuate a sbattere bene il tutto finché diventa della consistenza giusta (aggiungendo il latte poco alla volta). Poi aggiungete un bel pizzico di sale, la scorza, i pinoli e l’uvetta, strizzata e lievemente infarinata, e l’olio, solo un cucchiao scarso, serve a far assorbire meno l’olio quando si frigge, fatelo se vi va…
5
controllate se il lievito si è gonfiato e sembra quasi ribollire, se sì (e dopo 20 minuti DEVE essere così), gettate anche il lievito nell’impasto. Mescolate bene che tutto leghi.
Stop

Ora andatevi a leggere un libro, di quelli non troppo lunghi... 2 ore ci vogliono, magari anche meno, dipende dall’estro della pasta e dal calore.

Mankell non va bene, troppo lungo, siamo a carnevale non ci vuole un libro troppo filosofico, ma se è un giallo e non avete ancora il finale diventa brutto interrompere per friggere.
Magari allora un bel fumetto, come quello di Baru Pompa i bassi Bruno! Della Coconino Fandango.

Avventura, realtà e ironia, e nemmeno tanto facile da leggere… io ho invece in quel frattempo intervistato Mannelli per «ANIMAls» ;)

6
Controllate la lievitazione, sì è gonfiata bene?
Scaldate olio in un padellino (non deve essere basso altrimenti le fritole cuociono male), quando è caldo, usando due cucchiaini, versate  delle cucchiaiate rotonde e irregolari di impasto nell’olio, devono subito sfrigolare allegre.
Girate una volta la fritola, dopo che è diventata marroncina, abbronzata (non nera)… lascia tela cuocere anche dall’altra parte
7
scolare possibilmente su carta da pane, poi appoggiare su carta da cucina, dopo averle intinte in zucchero semolato normale (lo zucchero a velo mi trova assolutamente contraria, in questo caso).
8
importante: mangiarle tiepide. Il giorno dopo sono ancora buone, ma hanno perso morbidezza.

foto non mia...


Se chiudete la porta della cucina la casa non sarà appestata. Un vino un po’ dolce rosso, ma anche non dolce, un bianco profumato, un porto non zuccheroso…
Io confesso che alle fritole non resisto, ma che fuori da Venezia (e anche lì, con cautela), non è facile trovarne di fatte bene.
A Roma ci si salva con le chiacchiere (galani, crostoli, frappe, cenci, bugie…) ma le frittelle non esistono. Oggi (anche a Venezia), si riempie tutto di crema, cioccolato, zabaione, come se dolcezza fosse solo l’abbondanza. Consumiamo tutto appiattendolo, non ci accorgiamo che basta poco a fare la differenza, che lo strudel di mele deve sapere di mele, il babà di rum, il marzapane di mandorle.
Le fritole di se stesse.
Per un testo adeguato rimanderei ai pasti affamati di Arlecchino (in Servitore di due padroni, il pezzo non è questo ma è pur sempre il Soleri) e allo Zanni di Dario Fo (in Mistero Buffo) , (testi veneti per ricetta veneta, sennò anche Pulcinella avrebbe qualcosa da dire...). Ecco, da guardare sullo schermo, mangiando le fritole rimaste dopo che gli amici se ne sono andati.


lunedì 14 febbraio 2011

PRIMO POST- FUMETTO

fumetto: Il fumetto è un linguaggio costituito da più codici, tra i quali si distinguono principalmente quelli d'immagine (illustrazionecoloreprospettivamontaggio...) e di temporalità (armoniaritmonarrazione...). Fumetto è anche la nuvoletta che contiene i dialoghi dei personaggi.
Will Eisner definì il fumetto come "arte sequenziale", Pratt "letteratura disegnata, oggi parliamo spesso di graphic novel (s.m.).
Non credo che dovremmo vergognarci della parola fumetto e lieve e bella come una nuvola.
fumetto o brodo di pesce: fondo di cottura per molte preparazioni (zuppe, salse ecc.)  base di pesce. Questa è una delle varie ricette.
Ingredienti per 1 l di brodo:
  • 1 kg di lische di pesce crudo di pesce bianco (sogliola, nasello, rombo);
  • 10 g di burro;
  • 125 ml di vino bianco secco;
  • 0,5 porro;
  • 0,5 cipolla;
  • 0,5 cucchiai di pepe nero in grani;
  • un gambo di prezzemolo;
  • 1,5 l di acqua fredda.
Scaldate il burro in una casseruola capiente e rosolare dolcemente le lische, facendole colorire, ma senza che diventino nere. Si deve percepire odore di pesce cotto. Unite il porro e la cipolla tritati, il pepe leggermente pestato, il vino, il prezzemolo e l'acqua fredda. Fate cuocere a fuoco dolce per 40 minuti, schiumando e sgrassando. Filtrate, raffreddate velocemente e conservate in frigorifero (pochissimi giorni).


Ecco spiegato come non sia poi strano unire cibo e fumetti, (tavole di fumetti e tavola dove si mangia) e libri, parole e alimenti...

qui, ogni tanto (non troppo spesso)